Antonio Bellucci
(Pieve di Soligo 1654-1726/27)
L’ultima comunione di Lorenzo Giustiniani
1690 ca olio su tela, cm. 62 x 100
Siamo di fronte a un suggestivo bozzetto dove l’artista veneto dipinse l’Ultima comunione di Lorenzo Giustiniani con l’intento di darne successivo sviluppo nel grande telero che gli era stato commissionato per la chiesa di San Pietro di Castello, l’allora cattedrale di Venezia.
Nel 1690, infatti, papa Alessandro viii Ottoboni aveva portato a felice compimento la lunga causa di canonizzazione di Lorenzo Giustiniani, primo patriarca di Venezia, proclamandolo santo nell’ottobre di quell’anno. Nella sua città di origine la grande notizia era stata accolta con festeggiamenti che si erano protratti per più giorni, ma, soprattutto, era stato dato avvio a un importante ciclo decorativo, volto a rievocare le più importanti vicende spirituali e civili del personaggio, nelle pareti laterali del presbiterio e nell’abside di quella che più di due secoli prima era stata la sua chiesa.
Al momento dell’attuazione, il programma iconografico subì alcune variazioni e a Bellucci fu richiesto, non più di raccontare sulla tela un episodio della vita del santo, ma di rappresentare le sue virtù pertinenti alla sfera civile e, in particolare, il voto fatto dal doge Nicolò Contarini al beato Giustiniani perché intercedesse presso la Madonna per far cessare a Venezia la terribile pestilenza del 1630.
Insieme a una serie di preghiere solenni in onore di san Rocco e di Lorenzo Giustiniani, nel tentativo di allontanare la peste dalla città, il corpo di quest’ultimo era stato esposto, nel luglio di quell’anno, al centro della navata della cattedrale, ed era stato successivamente portato in processione per le calli della parrocchia nella convinzione che il vapore celeste esalato dalle ossa del beato avrebbe purificato l’aria.
Sappiamo come andò in seguito: nell’ottobre di quell’anno, moltiplicandosi le morti per contagio, il doge Contarini fece voto di erigere in città una chiesa dedicata alla Madonna, ovvero la basilica di Santa Maria della Salute, meta, da allora, di un pellegrinaggio che si svolge il 21 novembre di ogni anno.
L’aggiunta al catalogo di Antonio Bellucci di questa piccola tela è avvalorata dalla tipologia delle figure, in particolare dei volti, caratterizzati da profili affilati e nasi appuntiti, ed è ulteriormente comprovata dalla presenza a centro quadro dell’autoritratto del pittore che rivolge lo sguardo verso noi spettatori mentre assiste, insieme agli altri fedeli, agli ultimi istanti di vita del Giustiniani così come vengono narrati dalle fonti.
Ci troviamo in presenza di un bozzetto preparatorio, pertanto non possiamo cogliere appieno le caratteristiche linguistiche di questo pittore, così come le descrive Vincenzo da Canal nel Della Maniera del dipingere moderno… (1740 ca): «Il grazioso pennello di Antonio Belluzzi piacque ad ogni studioso veneziano. Ei fu buon disegnatore, graziosissimo nelle parti del corpo e soprattutto nelle teste nelle mani e ne’ piedi, che offrono una buona moderna maniera di macchiare. Il suo adombrar delle figure à del valoroso, e nel macchiar di dolci ombre à del risalto spiritoso. Le figure di mezza distanza diedero una bella armonia alle di lui tele; ed il più bel suo fare sono le buone carnagioni e il rotondo de’ corpi disegnato con intelligenza». Intelligenza che egli non si limitò a esprimere nel territorio veneziano, ma che esportò a Vienna, Düsseldorf e Londra, incarnando la moderna prospettiva dell’“artista itinerante”, impegnato a dar vita a un repertorio di pittura di storia e di pittura allegorica, in cui le sue turgide forme paiono dare continuità alla tradizione aperta da Pietro Liberi nel Seicento.