Jacopo Palma il Giovane
(Venezia 1544-1628)
Pasquale Cicogna assiste alla Messa celebrata da padre Balbi
1585 ca olio su tela, cm. 369 x 262
Nel 1581 i padri Crociferi e il procuratore di San Marco, Pasquale Cicogna, si accordarono per arricchire l’oratorio contiguo all’ospizio con un ciclo di dipinti volti a raffigurare la storia dell’Ordine; la realizzazione venne affidata al pittore veneziano Jacopo Palma il Giovane, che vi lavorò dal 1583, data della pala d’altare, ora perduta, che raffigurava l’Adorazione dei Magi, al 1590, quando l’arredo pittorico poteva dirsi concluso.
La famiglia Cicogna aveva dato nomi insigni alla Serenissima Repubblica durante tutto il xvi secolo; in particolare, i tre fratelli Pasquale, Giovanni e Antonio, si erano distinti nella battaglia di Lepanto (1571). Giovanni morì alle Curzolari nel 1570, mentre Antonio fu investito della dignità di procuratore di San Marco. Pasquale nel 1585 verrà eletto ottantottesimo doge di Venezia.
In questo grande telero – ante 1585, dato che le vesti indossate dal Cicogna non sono ancora quelle dogali – il protagonista è, per l’appunto, il munifico protettore dell’Ordine che «stà […] in habito di Senatore alla Messa adorando il Santissimo Sacramento, somministrato dal Padre Priamo Balbi all’hor Hospitaliere» (C. Ridolfi, Le maraviglie dell’arte, 1648). Una sorta di dipinto-reportage che contiene in sé l’indubbio valore artistico, associato a quello non certo minore della testimonianza di prima mano di un avvenimento al quale, con ogni probabilità, Palma aveva assistito, e al prezioso fermo immagine che ci restituisce una dettagliata descrizione di com’era, a quel tempo, l’interno dell’oratorio dei Crociferi.
Alla base del dipinto si legge l’iscrizione “ut presentem virum amplissimum d.m. procuratorem in locum de mortui principis substituas te rogamus domine xv augusti m.d.lxxxv”.
Unanimemente giudicati dalla critica moderna tra i capolavori di Palma il Giovane per la carica di novità che contengono, questo e gli altri due teleri in cui è raffigurato il Cicogna, assumono una notevole importanza per la loro originalità rispetto a quanto si andava producendo nel panorama artistico veneziano in quell’ultimo scorcio di Cinquecento; è indubbio che essi si collocano come una presa di posizione contro il clima tardomanieristico – al quale, peraltro, Palma non fu per nulla estraneo – che si perpetuava in ispecie nella nuova decorazione di Palazzo Ducale.
Allontanandosi dai retaggi del linguaggio manierato, l’artista riesce a esprimersi con maggiore libertà e originalità, dando il meglio di sé nel tessere un racconto in cui si respira un’atmosfera di spontaneità intensa e sincera, resa con un’estrema sobrietà di mezzi pittorici. Sereni e composti sono gli sguardi di coloro che assistono alla funzione sacra; realistiche sono le espressioni delle anziane ospiti del “pio luogo” che si comunicano, rappresentate nei loro volti incorniciati dal bianco e dal nero degli scialli; pacato è il movimento del sacerdote che spicca, nella sua posizione sopraelevata, rispetto agli altri personaggi disposti a raggiera. E, ancora, i mazzi di fiori nei vasi di vetro di Murano sul dossale, resi con una pennellata corsiva, e il realistico brano del Crocifisso fra i due candelabri, che si staglia sulla pala d’altare: ogni singolo elemento concorre a fare di questo dipinto uno dei capolavori di Palma il Giovane e un unicum nel panorama artistico del tempo a Venezia.