Scultore veneto del XV secolo

Madonna con il Bambino

scultura lignea intagliata e policroma, altezza cm. 170

Realizzata con un numero imprecisato di masselli lignei di latifoglia, assemblati con chiodi e colla, la scultura raffigura la Madonna, eretta e posta frontalmente, con il piede destro poggiato su una falce di luna, mentre tiene in braccio il piccolo Gesù che regge il globo terrestre con la mano sinistra. La luna, curiosamente, è rappresentata con un volto benevolo e sorridente, provvista di una lunga cuffia che finisce a punta. Questo elemento iconografico è sorprendete sia per la sua rarità che per la difficoltà di interpretazione.

La veste e il manto di Maria appaiono riccamente drappeggiati; lo scultore dimostra una cura analoga nella resa dei capelli che presenta un fine intaglio così come per le mani, cesellate, elegantissime, nei minimi particolari delle unghie.

Sulla superficie venne stesa una preparazione bianca come base, di gesso e colla, sulla quale venne ad aggiungersi lo strato di policromia realizzata con colori a tempera rifiniti con stesure a lacca. Seppur frammentaria, la policromia originale, riportata alla luce dopo un lungo restauro, è di grande qualità, in particolare va segnalata la particolare tecnica, del pressbrokat, utilizzata per l’interno del manto, a imitazione del broccato. La sofisticata tecnica, simile alla stampa, ricreava sulla scultura l’illusione del tessuto più prezioso e raro. Il pressbrokat è una tecnica di decorazione pittorica utilizzata nei dipinti su tavola e nelle sculture lignee policrome tra il xv ed il xvi secolo. La tecnica arriva a noi grazie alle opere lasciate dagli artisti e dagli artigiani di area germanica e si ritrova nel Nord Italia, importata da artisti nordici di chiara fama del tempo (a esempio, a Venezia, Giovanni d’Alemagna, cognato e collaboratore del più noto Antonio Vivarini).

I lacerti di pressbrokat riemersi durante il restauro rappresentano un importante elemento per la datazione della statua che si può far risalire al primo Quattrocento ipotizzandone una provenienza di area fiamminga il cui canone estetico di una eterea bellezza femminile è riscontrabile nei tratti della Madonna, nelle sue fattezze minute di fanciulla e nella sua acconciatura con i lunghi capelli inanellati e tenuti fermi da un velo finissimo.

In epoca imprecisata la scultura fu modificata: è infatti evidente l’intervento di riduzione sui lunghi capelli che scendevano sulla schiena che vennero letteralmente “piallati” all’altezza delle spalle. Anche il Bambino non fu risparmiato.

La scultura, che mantiene ancora molte “zone d’ombra” anche dopo il restauro, per quanto riguarda la provenienza e una datazione certa, e che anzi, proprio il restauro ha fatto riemergere, proviene dall’Oratorio annesso a Villa Astori di Martellago (Venezia). Le fonti documentarie attestano per la prima volta l’esistenza dell’Oratorio nel 1679. Lo ritroviamo nominato in una perizia del 1752 che descrive l’interno della chiesetta (giesola). Nulla invece si sa su quali siano state le vicende occorse alla statua in epoca precedente alla sua collocazione nell’Oratorio, che risale al xvii secolo.

Nel 1876, l’intera proprietà Astori di Martellago, con la villa, l’oratorio e il fondo agricolo passò alla Congregazione di Carità (dal 1937 diventata l’I.R.E.) per volontà dell’ultimo proprietario Vincenzo Omobon Astori che ne destinava la rendita a beneficio dei poveri.