Pittore veneto del XVIII secolo
Ritratto della nobildonna Marina Nani Donà
fine del XVIII secolo olio su tela, cm. 98 x 80
La nobildonna Marina Nani Donà, ritratta in questo dipinto di cui non ci è noto l’autore, nacque dal secondo matrimonio di Giovanni di Antonio Donà con Lucrezia Querini. Nel 1736 Marina andò sposa a Niccolò di Natale Donà e divenne la ricca erede del patrimonio familiare, in cui era confluita anche la maggior parte del patrimonio dei Barbaro, del ramo dei patriarchi di Aquileia.
La giovane veneziana crebbe nella residenza paterna della Giudecca, nello splendido palazzo che fu della famiglia Barbaro, prospiciente il canale della Giudecca e con il retro aperto su giardini e orti. Marco Boschini nel 1660, ne celebra la bella facciata affrescata da Paolo Veronese (in realtà pare che tutta la decorazione a fresco spettasse al di lui fratello, Benedetto Caliari).
Le stanze della signorile dimora, nelle quali erano stati raccolti più di trecentocinquanta opere d’arte – di cui, più della metà, erano ritratti – avevano ospitato, nel 1709, Federico iv di Danimarca in visita a Venezia e, nel 1755, il principe Clemente Augusto di Baviera, elettore di Colonia, in onore del quale era stato allestito un grandioso banchetto illustrato in un quadro attribuito alla scuola di Pietro Longhi e ora conservato nel Museo del Settecento veneziano di Ca’ Rezzonico.
Alla morte del padre Giovanni Nani, si attuò la divisione dei beni e i dipinti andarono in eredità a Marina e alle sue tre sorelle.
La parte della collezione spettante a Marina la raggiunse nella casa del marito a Santa Fosca, dove rimase fino alla scomparsa di costui nel 1772. Rimasta vedova, si trasferì in un vicino palazzo dove morì il 9 aprile 1790 dopo aver eletto erede testamentario il Pio Luogo delle Penitenti di San Giobbe. La maggior parte dei circa centocinquanta dipinti realizzati dai grandi nomi della pittura veneziana e veneta del Cinquecento e del Seicento – Jacopo Bellini, Palma il Vecchio, Tiziano, Tintoretto, Gregorio Lazzarini, Antonio Molinari, Sebastiano Ricci, solo per citarne alcuni – venne alienata e a oggi si sono conservati all’Istituto delle Penitenti, presso l’I.R.E., i ventotto dipinti rimasti invenduti.
In questo ritratto Marina Nani Donà viene raffigurata con i simboli che potrebbero alludere alla Temperanza, una delle quattro virtù cardinali. La nobildonna indossa una veste per metà di un rosso acceso e per metà di un azzurro intenso – forse da interpretarsi come allusione al vino e all’acqua, e all’azione temperante dell’acqua versata nel vino – mentre tiene in mano un campanello che prende da un tavolino accanto a lei dov’è appoggiata una clessidra con le ali: oggetti che alludono all’inesorabile trascorrere del tempo.
Il dipinto faceva parte della collezione dei ritratti dei benefattori della Pia Casa, che era usanza esporre in un’apposita “galleria di ritratti” per ricordare la munificenza dei benefattori.