Scultore veneto della fine del XV secolo

Crocifisso

scultura lignea intagliata e policroma, altezza cm. 93, spessore cm. 16

Nel luglio 2013, durante l’ultimazione dei lavori di restauro dell’Istituto delle Penitenti, all’interno di una nicchia scavata nel muro di una sala attigua all’omonima chiesa, furono fortuitamente ritrovate un paio di cassettine lignee contenenti reliquie, insieme a questa suggestiva scultura rimasta celata alla vista per più di cinquant’anni e che versava in uno stato conservativo molto critico. L’umidità all’interno della nicchia aveva infatti innescato una catena di degradi dipesi soprattutto dalle molte efflorescenze saline che avevano sgretolato l’intonaco della muratura, andando a depositarsi sulla superficie lignea della statua a scapito degli strati pittorici.

Il prezioso manufatto fu subito sottoposto a un primo intervento di pulitura e disinfestazione del supporto ligneo e alla spolveratura di tutta la superficie, per eliminare il materiale incoerente che si era depositato nel corso dei decenni. Questa prima operazione permise di preservare i pochi, sopravvissuti frammenti della policromia, ma anche i dettagli della preparazione come, a esempio, i cordoncini che formavano le vene in superficie.

Affidata, in un secondo tempo, alle analisi e alle cure di specialisti, restauratori e storici dell’arte, questa statua del Cristo, nonostante stilisticamente presentasse “asperità nordiche”, fu giudicata opera di uno scultore veneziano della fine del xv secolo per la sua vicinanza a esempi celebri come il Crocifisso conservato nella chiesa di Torcello o quello, ancor più conosciuto, della basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia.

Il capo di Gesù si presenta reclinato sulla spalla; le gambe sono leggermente piegate e i piedi sovrapposti. Purtroppo è giunto fino a noi mancante delle braccia e della croce, mentre è sopravvissuto il cartiglio dove si riscontrano ancora tracce di doratura.

Un ulteriore parallelo si può proporre, in mera via di ipotesi, con il Cristo della chiesa di San Francesco a Pirano, ma è evidente che l’intreccio dei riferimenti possibili appare più complesso e ogni considerazione fin qui accennata, andrebbe vagliata e sottoposta a ulteriori e più approfonditi studi.