Jacopo Marieschi
(Venezia, 1711-1794)

La Vergine in gloria tra i santi Rosa da Lima, Domenico, Maria Maddalena, Lorenzo Giustiniani e Margherita da Cortona

1744 olio su tela centinata, cm. 299 x 148

Il 28 marzo 1703 il Consiglio dei Dieci, accogliendo una supplica sottoscritta da quattro illustri e benemeriti cittadini, concesse l’autorizzazione alla nascita del «Pio loco in sovvegno delle povere peccatrici penitenti, sotto il patrocinio di Maria Vergine e di san Lorenzo Giustiniani». Si trattava di colmare un vuoto assistenziale venutosi a creare in quegli anni a Venezia, in quanto le due antiche istituzioni delle Convertite alla Giudecca e del Soccorso all’Angelo Raffaele, ormai “sature”, non riuscivano ad accogliere ulteriori ospiti, e per le strade della città si continuava a vedere un alto numero di meretrici. Nel pio luogo delle Penitenti avrebbero trovato alloggio quelle cittadine veneziane che avessero espresso il serio proposito di sottoporsi a un periodo di rieducazione morale e religiosa – senza l’obbligo di prendere i voti – prima di essere reinserite nella società.

Nonostante la richiesta fosse stata espressa da quattro cittadini, in realtà essi si fecero portavoce della volontà dell’allora patriarca di Venezia Giovanni Badoer il quale, durante tutta la sua carriera ecclesiastica, mostrò di dedicarsi all’apostolato attivo, non disdegnando il contatto diretto con il popolo, alimentando opere di beneficenza e aiuto ai poveri e ai bisognosi e cercando soprattutto di moralizzare i costumi (anche tra i religiosi).

La nuova istituzione ebbe sede a San Giobbe, nel sestiere di Cannaregio, dove l’architetto Giorgio Massari progettò un edificio unitario sviluppato attorno a due cortili-chiostro e, incapsulata, una chiesa consacrata a Santa Maria del Patrocinio, detta “delle Penitenti” e a San Lorenzo Giustiniani – un vero e proprio “santo di stato” per la Serenissima Repubblica, canonizzato nel 1690 – nei confronti del quale il patriarca Badoer aveva sempre dimostrato una particolare devozione.

La composizione è ripartita in due sezioni sovrapposte: nel registro superiore, dove l’intonazione cromatica è più chiara, compare la Vergine assisa su una nuvola e circondata da angeli e cherubini; ha gli attributi regali della corona e dello scettro e tiene sul ginocchio sinistro il piccolo Gesù che porge a san Domenico la corona del rosario che santa Rosa da Lima, vestita da terziaria domenicana, con un serto di rose a cingerle il capo, ha già ricevuto. Nel registro inferiore, attorno a un altare, possiamo riconoscere Lorenzo Giustiniani, i cui attributi episcopali sono indicati dall’angelo seduto ai suoi piedi; Margherita da Cortona, che aveva deciso di indossare l’abito francescano dopo la morte del giovane con il quale aveva convissuto a lungo “more uxorio” e aveva poi intrapreso una vita di carità fondando un convento e un ospedale (i suoi attributi sono il teschio e la frusta); Maria Maddalena, raffigurata secondo l’iconografia classica, con i capelli sciolti sulle spalle e in atto di sorreggere il vaso con l’unguento con il quale, secondo la tradizione occidentale, asperse i piedi di Gesù.

Sulla base dei documenti ritrovati nell’Archivio I.R.E., possiamo datare con certezza la pala d’altare al 1744, anno in cui la chiesa venne aperta al culto, e non, come erroneamente era stato creduto, al 1763, data che segnò la consacrazione ufficiale dell’edificio, come ricorda un’iscrizione che si conserva all’interno del luogo sacro. Peraltro, anche gli elementi stilistici dell’opera, molto più vicini a quelli leggibili nelle tele realizzate dal Marieschi nella seconda metà degli anni trenta del Settecento (a esempio, un gruppo di pale friulane a lui ascritte, in collaborazione con Gaspare Diziani) non fa che avvalorare la collocazione cronologica del quadro al quinto decennio del xviii secolo.