Jacopo Sansovino
(Firenze 1486 – Venezia 1570)

Madonna con il Bambino e due putti

1532 ca – scultura in telaforte, cartapesta e stucco, altezza cm. 92

Questo gruppo scultoreo, ricco di fascino e di tenera umanità, ha conosciuto una sorta di rinascita che ebbe inizio nel momento in cui, per un caso fortuito, venne strappato dal buio delle soffitte del pensionato veneziano delle Muneghette, in occasione degli interventi di restauro dell’edificio. L’opera era in condizioni di deperimento tali da rendere impossibile il riconoscimento dell’artista che l’aveva realizzata. Aveva subito una vera e propria brutalizzazione per quasi due secoli – dal Seicento all’Ottocento – consistente nella completa gessatura di tutta la sua superficie, nell’aggiunta di dorature e di strati di pittura sovrapposti e, non ultimo, nell’inserimento di strati di carta a integrare le parti mancanti. Il risultato di tanta imperizia aveva prodotto un effetto visivo prossimo a quello di un gesso popolare ottocentesco.

Negli anni settanta del secolo scorso si attuò il lento, laborioso recupero conservativo che ha riportato il prezioso manufatto a uno stato molto vicino all’originale, consentendo anche di attribuirne la paternità al celebre scultore fiorentino, ma veneziano di adozione, Jacopo Sansovino. Di più ancora. Di ipotizzare una collocazione cronologica dell’opera a un momento precoce del soggiorno veneziano dell’artista – che era riparato a Venezia nel 1527 dopo il Sacco di Roma – ossia negli ultimi anni del terzo decennio del Cinquecento, per le numerose affinità esistenti con il gruppo della Madonna con il Bambino ospitato nell’atrio dell’Arsenale, firmato e datato 1533. Sansovino, a quella data, è già da quattro anni “proto delle Procuratie de supra”; di lì a poco, diverrà il responsabile degli episodi architettonici e urbanistici più importanti del periodo, introducendo in Laguna il linguaggio del Rinascimento maturo ed elaborando una vasta gamma di soluzioni funzionali alle esigenze economiche, politiche e autocelebrative della Repubblica e del suo patriziato.

Ma torniamo alla nostra scultura. La sua appartenenza al primo momento veneziano del Sansovino appare ulteriormente confermata dalla scelta di conferire movimento al gruppo scultoreo con la postura della Madonna, seduta ma sul punto di alzarsi, colta con tutta la sua persona in avanti, molto simile a quella che realizzerà di lì a qualche anno per la loggetta del campanile di San Marco dove, accanto alla Vergine con il Bambino, fa la sua comparsa san Giovannino.

Nel nostro caso ci troviamo chiaramente in presenza di un modello di un gruppo figurale pensato per essere ammirato dal sottinsù, e dunque destinato a essere collocato a una certa altezza, probabilmente all’interno di una nicchia. La presenza sulla superficie del gruppo scultoreo di tondini di legno forato, corrispondenti ad altrettanti punti di sfiatamento dei gas di fusione, ci raccontano la storia delle fasi che seguirono la creazione del modello in cartapesta: dapprima il calco in cera, poi la fusione bronzo (bronzo del quale non vi è traccia).

Del tutto aderenti ai modi sansoviniani sono il rapporto spaziale fra le figure – specialmente fra i volumi delle teste della Vergine e del Bambino –, lo splendido dispiegarsi della veste e del mantello della Madonna, la levigatezza delle carni e la morbidezza degli incarnati, che già il Vasari nelle sue Le Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori (1550, 1568) lodava, quando descriveva la «bella maniera del Sansovino» riferendosi proprio a questa nuova iconografia della Madonna con il Bambino in cui l’espressione degli affetti, unita alla sapiente resa dell’anatomia e dei panneggi, raggiunge livelli straordinari, pur in una fase ancora preparatoria – qual è il nostro modello – in cui l’artista utilizza materiali “poveri” come la cartapesta e lo stucco.

Per finire, non dimentichiamo nemmeno che – come ebbe già modo di rilevare Bruce Boucher (1980) – Sansovino opera, in questa scultura, la riunione fra l’iconografia canonica del tema della “Madonna con il Bambino” e quello della “Carità”.