Giuseppe Cortesi (attribuito)
(attivo a Venezia nei decenni centrali del XVIII secolo)

Ritratto del conte Giovan Benedetto Giovannelli

1732 olio su tela

I membri della famiglia Giovannelli, di origine bergamasca, che si distinsero soprattutto per il loro valore militare e per le ingenti proprietà terriere e minerarie e per i vasti commerci di tessuti, cominciano a ritagliarsi un ruolo importante nella storia della Serenissima Repubblica intorno alla metà del 1600 quando, il 27 dicembre 1668, un decreto del Senato sancisce la loro aggregazione al patriziato veneto, in virtù della loro offerta alla Repubblica di 100.000 ducati. Da questo momento in poi le vicende della loro famiglia si intrecceranno strettamente con la storia della beneficenza a Venezia e con i percorsi professionali di alcuni fra i più noti artisti di quel momento.

Giovan Benedetto Giovanelli, del ramo di San Stin, qui effigiato in questo aulico ritratto realizzato nel 1732, come riporta l’iscrizione che si legge nel registro superiore destro della tela (V.N. Jo: Bened. Co Giovanelli Gubern: et Benefactor Ann. Dxxx Ob An. 1732), fratello di Giovan Paolo, fu governatore della Pia casa delle Zitelle e con testamento del 1732 lasciò all’istituto un legato assai consistente (circa 10.000 ducati) con l’obbligo da parte della Congregazione preposta all’istituto, di scegliere un pittore di fiducia al quale far stendere un controllo inventariale triennale per assicurare l’integrità della sua ricca collezione di quadri che veniva affidata alle Zitelle.

I due fratelli, infatti, nei primi tre decenni del Settecento avevano raccolto un considerevole numero di dipinti di gran pregio. Non solo. Essi erano stati fra i principali committenti dei pittori Guardi: dapprima del capostipite Domenico, poi dei figli Antonio e Francesco, incaricati di realizzare opere pittoriche per cappelle e oratori, nonché di eseguire copie di quadri per i loro mecenati.

Gli inventari post mortem di Giovan Benedetto Giovanelli e del suo erede, il fratello Giovanni Paolo, redatti nel 1732 e nel 1734 dal pittore Giuseppe Cortesi – probabile autore anche di questo ritratto – sono la diretta testimonianza che, solo nella dimora di Venezia, erano conservate 135 opere, specie del periodo rinascimentale e del Seicento, uscite dal pennello non solo di artisti veneti, ma anche fiamminghi e nordici.

Per la loro villa di Noventa, i due fratelli avevano invece preferito arricchire le stanze della loro casa di campagna con paesaggi e vedute, dipinte dai più grandi esponenti del genere: Canaletto e Luca Carlevarijs in primis.

Nonostante le precise disposizioni testamentarie lasciate da Giovan Benedetto, la raccolta di quadri diminuirà rapidamente fin da subito, se è vero che, in seguito al sopralluogo effettuato da Giuseppe Cortesi nel 1737, dopo appena tre anni dalla dipartita di Giovan Paolo, il pittore veneziano poté elencare nel verbale solo ottantasette opere.

La munificenza dei due fratelli non si limitò tuttavia al lascito per l’istituto delle Zitelle. Sempre dai documenti di archivio apprendiamo che Giovan Paolo ricoprì anche il ruolo di governatore dell’ospedale dei Derelitti, e che il suo intervento fu decisivo per far accogliere nel 1717, fra le “putte di coro” del pio luogo, Cecilia Guardi, sorella di Antonio e Francesco, rimasta orfana di padre. Nonostante la sua giovane età – nel 1717 Cecilia aveva appena 13 anni – Giovan Paolo usò tutto il suo potere per toglierla dall’indigenza in cui versava, inserendola in quella che allora era la scuola di musica di maggior prestigio a Venezia, dove le giovani venivano avviate, non solo al canto, ma anche all’apprendimento di un mestiere artigianale, e dove venivano fornite loro un’istruzione e una dote. L’incontro che avverrà di lì a poco fra Cecilia e il giovane astro nascente Giovan Battista Tiepolo, la loro fuga e il loro matrimonio, sono un’altra storia.