Daniel van den Dyck
(Anversa 1610 – Mantova 1670)
Ritratto di Bartolomeo Cargnoni
1663 olio su tela, cm. 84 x 68
Realizzato dal pittore fiammingo Daniel van den Dyck nel 1663, il ritratto, insieme all’iscrizione che reca con sé, ci fa conoscere il volto di un altro benefattore dell’Ospedaletto: «Bortolo Cargnoni marcer al Strvzzo Benefator insigne dell’ospital De Poveri Dereliti vici.no SS.ti Gio: et Pavlo».
Non si può negare che il fascino del quadro sia legato soprattutto alla storia personaggio effigiato, ovvero quel Bartolomeo Cargnoni – commerciante di tessuti di origine bergamasca, ma trapiantato a Venezia – che fu tra i più insigni benefattori dell’ospedale e della chiesa dei Derelitti, tanto da meritare un posto di primo piano sull’elaborata facciata longheniana dell’edificio sacro. Qui, fra le possenti statue dei telamoni abbigliati da pellegrini, compare il suo busto “in conchiglia”, scolpito in marmo da Bernardo Falconi, mentre l’emblema del suo lavoro – lo struzzo scelto da Cargnoni come insegna della sua bottega dove venivano preparate e vendute elaborate acconciature e decorazioni di piume, ma anche i preziosi merletti usciti dalle mani delle giovani, ospitate nell’istituto – occupa il centro dell’attico, ma è quasi invisibile dalla calle di Barbaria, proprio per la sua posizione.
Nel 1662, poco prima di morire, Cargnoni decise di lasciare tutti i suoi beni all’istituzione dove, dal 1659, aveva servito come governatore: in tutto 104.000 ducati (corrispondenti più o meno a 15 milioni di euro di oggi) destinati in parte per la costruzione della nuova fabbrica – all’interno della quale i tre piani furono collegati dalla scala ovoidale di Giuseppe Sardi – e in parte per migliorare l’assetto architettonico e artistico della chiesa, compresa l’erezione della facciata di Baldassare Longhena.
L’alta qualità del ritratto, realizzato per espressa volontà del Cargnoni, ha fatto escludere fin da subito l’ipotesi che si tratti di una copia fatta eseguire dai governatori dell’ospedale da un originale rimasto in famiglia, e aggiunge nuovi elementi alla conoscenza del pittore fiammingo Daniel van den Dyck, che fra il 1634 e il 1657 sappiamo operativo a Venezia dove sposò Lucrezia, figlia del pittore Nicolas Regnier e anch’essa pittrice. In questa prova di ritrattistica emergono le sue capacità di analisi della realtà, componenti fondamentali della sua pittura: descrive infatti con minuzia i tratti fisionomici del personaggio, senza trascurare una certa analisi psicologica.
Anche se di tutto il percorso artistico di Van den Dyck principalmente si tende a rammentare la sua presenza alla corte di Mantova presso i Gonzaga, cardine di tutta la produzione pittorica del maestro fiammingo resta la pala con il Martirio di san Lorenzo per la chiesa veneziana della Madonna dell’Orto, tappa fondamentale del suo operato, dalla quale emergono chiaramente gli echi dell’assimilata cultura rubensiana.